Si dice che Socrate avesse voluto più di una coppa di veleno per sacrificarne una parte al cielo...
Si dice che Socrate avesse voluto più di una coppa di veleno per sacrificarne una parte al cielo, ma ci sono gesti che né la terra né il cielo possono contenere, che non si arrendono alla natura né agli uomini, e ci sono favole che nessuna biografia può contenere, imprigionare. “Roba vecchia di una volta”, qualcuno potrebbe pensare. Difficile da dire, ma senz’altro roba di un altro mondo, molto più vicino, però, a questo nostro mondo, dove può sempre accadere di sentirsi uniti, compagni, fratelli, sorelle, padri, madri, maestri, allievi e… uomini di una volta.
Nessuna onda è mai abbastanza alta né paurosa per chi sa guardarla in faccia. E solo una bellezza ben levigata consente di cavalcarla, la bellezza della via maestra, quella che ci fa sentire sullo stesso cammino e che potrebbe far dire a lui, a Cesare: “Ricordo anche voi quando eravate ragazzi. Sembra un sogno….”.
A Cesare, che ho avuto in dono la gioia di incontrare in questa vita e nella sua casa, ho chiesto di scrivere del mito e della sua poesia…. “Caro Fausto, chiedendo di parlare della Via mi fai ringiovanire. E mi chiedo se la memoria non mi inganna e quello che racconto non sia fantasia….”. Ora riappare fra loro come ai bei tempi.
Quei ragazzi erano tornati a ritrovarsi in quello che sarebbe stato definito un giorno indimenticabile, dove le onde avrebbero raggiunto un’altezza ineguagliabile. Lui era là a vederli scivolare sull’onda con le magiche tavole che negli anni aveva preparato loro. Ora lasciava soddisfatto che lo scambiassero per un uomo qualunque, l’uomo di una volta.
Dolce è attendere / con l’orecchio ai rumori, / consci dell’ora che avanza. / Puro cristallo è l’aria / quando alzo la testa. /
Non ho da offrirle che la sorpresa di averla attesa / così a lungo che nessuno / potrebbe aspettarselo. /
Si socchiuderà la porta e io le dirò: “ciao!” sorridendo e togliendole ogni imbarazzo; / interrompendo di scrivere per alzarmi a baciarla. /
Le toglierò la falce per appoggiarla nell’angolo; / la farò sedere sul letto guardandola nelle orbite / vuote e sorridendo.
(da “Troppo breve l’estate” di Giulio De Micheli)